PERSONAGGI DA SALA PROVE – Intervista a Sabarax delle Rougenoire

Questa volta non farò tanti giri di parole, ma vi dirò semplicemente una data ed un luogo:

10 marzo 2016

Magazzini Generali di Milano

Non è da tutti partire con un sogno e arrivare così, specialmente quando parliamo di 5 donne che, unite dalla folle passione per il rock, decidono di dar vita ad una band 100% girls.

Potevo concludere questa galleria di “personaggi da sala prove” senza una testimonianza femminile? Sarebbe stato un controsenso, anche se l’obiettivo di tutta questa carrellata è stato di mostrarvi come la passione per qualcosa che amate non deve conoscere ostacoli, perché contribuisce massicciamente al piacere di godersi la vita.

Leggete questa bella intervista con Sabarax, una delle chitarre delle Rougenoire e se ancora oggi, dopo 8 mesi di articoli del mio blog, siete titubanti nel tirare fuori la grinta che sicuramente avete per dare spazio alle vostre passioni, sono sicura che le sue parole faranno scattare la molla!

band

“Ciao! Ti ringrazio molto per la tua disponibilità e per essere qui oggi con me. Vorrei iniziare chiedendoti come vi siete incontrate e come sono nate le Rougenoire.”

Ciao e grazie per averci dato questo spazio sul tuo blog.
Le Rougenoire nascono nel 2005. Cinque ragazze di due band differenti, con background musicali diversi accomunate dal desiderio di “fare” musica.

Ci siamo sedute a tavolino e abbiamo deciso di intraprendere questa fantastica avventura, che poi si è trasformata in un progetto serio e molto importante per tutte noi.

Col tempo la formazione si è modificata, ma ora sono tre anni che“viaggiamo in sei” su questo treno.

“Avevate precedenti esperienze in altre band?”

Sì, tutte veniamo da esperienze in band differenti e questo è un bene..sottolinea l’amore per la musica e il desiderio di andare avanti sempre.

“Quante volte vi trovate per provare?”

Beh, per noi la sala prove è davvero importante e ci troviamo una volta alla settimana, a volte anche due.

“Andate sempre d’accordo o litigate qualche volta e per quali motivi nel caso?”

Devo essere sincera? Non litighiamo, ci scambiamo opinioni su decisioni da prendere, ma riusciamo a trovare sempre delle soluzioni e in breve tempo.
I motivi possono essere diversi: se fare una data o no, quanti cd da stampare, dove andare a festeggiare il Natale (scherzo ovviamente).

Ci supportiamo nei momenti difficili, ecco.

“Come nascono i vostri pezzi?”

I nostri pezzi nascono da ispirazioni: a partire da una melodia di Francesca (Black Mamba), un riff di chitarra mio o di Sara (Foxy Lady)o Cristina (Crilbill), un giro di basso di Virginia (Vice). Poi da questo si passa all’arrangiamento di tutto il pezzo, dalla struttura del brano, alle finezze ritmiche e solistiche.

“Cosa ne pensi del titolo del primo articolo di questa serie -La sala prove: luogo dove si avverano i sogni-? Sei d’accordo?”

A mio parere i sogni non si avverano in sala prove, ma ci nascono.

La sala prove, che per noi Rougenoire è fondamentale, ci aiuta a realizzare questi sogni. Fatica, costanza e perseveranza e prima o poi i sogni si trasformano in realtà.

“Avete qualche ricordo legato ad una particolare sala prove?”

Avrei aneddoti per ogni sala prove che abbiamo provato. Da un po’ di anni abbiamo la “nostra” sala prove, che condividiamo con un altro gruppo (anche con loro non abbiamo mai avuto discussioni) e a questa sono legati i nostri ricordi migliori credo.

Provare con la nostra strumentazione, con i nostri amplificatori, microfoni, batteria..non potevamo chiedere di meglio.

“Come vi ha cambiato nel vostro quotidiano avere questa vita parallela da musiciste?”

Eh, che dire. Abbiamo tutte un lavoro (purtroppo con la musica non ci campiamo ancora), un compagno/marito, dei figli, dei gatti e dei cani.

Siamo costrette a relegare la musica, la nostra passione, solo alla sera e durante i concerti dei fine settimana, ma niente ci ha mai impedito di andare avanti.

Siamo cresciute, maturate e diventate più forti. Conciliare le due “vite parallele”, tra alti e bassi, non è stato e non è tutt’ora un problema

“Avete avuto difficoltà o percepito un clima di discriminazione per il fatto di essere donne?”

Forse all’inizio sì, non è stato facile farsi strada tra tutte queste band di “maschietti”, ma abbiamo avuto anche tanti sostenitori che ci hanno dato la possibilità di far conoscere il nostro nome in giro, di creare il nostro gruppo di fans.

Oggi la “sfida” è più tra band femminili, speriamo sempre nella correttezza e nel sostegno tra donne, ma sappiamo che non è sempre così.

“Ultimamente ho letto che ha suscitato un certo scalpore una ragazzina che si è presentata ad un talent show, lasciando tutti di stucco per aver cantato un pezzo metal in growl. Cosa ne pensi di questi programmi?”

Li ho seguiti all’inizio e a volte ho anche pensato di iscrivere la band, sarebbe stato divertente e poi..non si sa mai. E’ un mondo affascinante, ma a volte i veri talenti non possono permettersi di partecipare a questi show televisivi e rimangono nascosti in qualche piccolo locale di periferia.

Poi i gusti musicali cambiano velocemente al giorno d’oggi. Quello che va bene ora non piacerà più tra due anni.

“Programmi per il futuro?”

Il secondo album in cantiere e tanti concerti tra la primavera e l’estate..le sorprese di sicuro non mancheranno!

“Ti ringrazio tantissimo e ci vediamo il 15 aprile al pub The One di Cassano d’Adda!”

Per essere sempre aggiornati sulle novità e le date dei concerti delle Rougenoire, visitate

www.facebook.com/rougenoire/?fref=ts

www.youtube.com/user/rougenoirebabies

PERSONAGGI DA SALA PROVE – Intervista a Stefano Elli

Mi sono accorta, in questa mia incursione nel mondo della musica, di avere tanti amici che in questo mondo ci abitano.

Vorrei poter sentire da ognuno di loro come vivono questa passione, ma mi rendo conto di non essere una giornalista musicale e che questa mia galleria di “personaggi da sala prove” dovrà ad un certo punto concludersi.

Tra tutti questi però non potevo assolutamente tralasciare Stefano Elli, un musicista con una preparazione ed un curriculum impressionanti. Con Stefano si parla di musica a 360° e si può affermare, senza timore di sbagliare, che la sua è stata ed è una vita dedicata alla musica.

L’ultima sua creatura è un album di musica rinascimentale suonata con la chitarra resofonica. Non vi preoccupate, nemmeno io sapevo esistesse un simile strumento…

Lo trovate su I-Tunes e Spotify, ascoltatelo, è emozionante.

Resophonic Guitar - G.A. Brescianello - F. Da Milano - J.S. Bach - P.P. Borrono, Stefano Elli

https://itunes.apple.com/it/album/resophonic-guitar-g.a.-brescianello/id882874377

Volete saperne di più? Leggete l’intervista e probabilmente, come è successo a me, resterete sorpresi!

“Ciao Stefano, grazie per aver accettato di partecipare a questa intervista”

Grazie a te per l’ospitalità.

“Raccontaci quando è nata la tua passione per la musica e quando hai capito che nella vita non volevi occuparti di nient’altro.”

Direi subito, fin dall’infanzia. Curioso è il fatto che nella mia famiglia non ci sia mai stato alcun legame con la musica.
Che io sappia non ci sono parenti, nemmeno lontani, che abbiano mai suonato uno strumento musicale o che avessero interesse anche al solo ascolto.
L’unica cosa che girava per casa erano quei pochi 45 giri di musica leggera che comperavano le mie sorelle maggiori. Roba un po’ cheap ma era quel che passava il convento.

Quindi, per soddisfare la mia voracità musicale, mi sono dovuto arrangiare con la radio almeno fino al momento in cui, con la paghetta settimanale, ho cominciato a costruire la mia discoteca personale.

A dodici anni ho poi scoperto che si poteva imparare a suonare uno strumento e così mi sono iscritto ad un corso pomeridiano di chitarra tenuto da un Professore di Italiano. Ti lascio immaginare la qualità dell’insegnamento.

Come ti dicevo, data la tipologia della mia famiglia, era impensabile anche per me immaginare che con la musica si potesse lavorare e quindi la decisione di farla diventare una professione è arrivata tardi, intorno ai 18 anni, e non particolarmente condivisa.

Da quel momento parte il mio percorso accademico del quale parlo più avanti. 

In realtà, prima come semplice passione e poi come professione, la musica ha da sempre occupato gran parte della mia vita.

“Che ricordi hai delle tue prime esperienze con altri musicisti? Quanti anni avevi?”

Così come ho imparato i primi accordi e le prime canzoni senza alcuna istruzione accademica, anche le prime esperienze di gruppo sono state alquanto empiriche.

I primi esperimenti, ovviamente tra compagni di classe, furono a dir poco disastrosi. Credo che non si siano mai superati i primi 25 secondi di una canzone.

La prima vera esperienza, della quale conservo ancora dei bellissimi ricordi, è stata con i “Lammings”… ma ho come la sensazione che tu conosca bene questa storia. Avevamo 15 anni e credo che quel che è accaduto nei mesi precedenti al nostro primo concerto sia stato a dir poco miracoloso.

Dal nulla abbiamo messo in piedi uno spettacolo di più di due ore con brani di Lou Reed, Police, Led Zeppelin, Who e scrivendo addirittura due brani originali.

“Quando è scattato l’amore per la musica classica?”

Diciamo che l’avvicinamento alla musica classica è avvenuto, come ti dicevo prima, più per necessità che per amore.

Nei primi anni ’80 l’unica scuola in grado di rilasciare un titolo di studio legalmente riconosciuto era il Conservatorio e all’epoca non esistevano, come oggi, corsi di musica Jazz o Pop. Quindi l’unico modo per avere una “patente” era quello di studiare la musica classica.

Ti dirò di più, data la mia età ormai fuori portata per il corso di chitarra classica, pur di entrare in Conservatorio mi sono iscritto a Contrabbasso, strumento che ho poi studiato per ben cinque anni. Sono successivamente tornato sui miei passi e dopo non pochi sacrifici mi sono poi diplomato in chitarra classica.

L’amore è arrivato attraverso la conoscenza di un mondo musicale che fino ad allora era per me sconosciuto. Non è stato immediato. É arrivato quando sono stato pronto.

“Pensando ad un gruppo di musicisti che va in sala prove si ha un’immagine di divertimento, soddisfazione, piacere di condividere una passione. Vale anche per la musica classica?”

Questa è una domanda un po’ particolare e non vorrei sembrare troppo cinico nel darti la risposta. Diciamo che quello che dici può avere senso nel caso in cui il progetto musicale sia fatto senza fini economici e in amicizia.

In ambito professionale sei pagato per fare un mestiere e quindi esegui quello che ti viene detto e lavori con persone che non hai scelto tu. Devi solo sperare che tutto fili liscio.

Non nego che a volte trovi situazioni nelle quali ti diverti e riesci anche a costruire dei rapporti umani di un certo interesse.

Questo vale sia per la musica moderna che per la musica classica. Ribadisco, il lavoro cambia tantissimo la prospettiva.

“Tu in realtà sei un artista completo che suona la chitarra classica, elettrica e moderna. C’è uno stile che ti appassiona più di altri?”

Perdona la mia pedanteria ma vorrei precisare, almeno per quella che è la mia idea, che non mi ritengo un artista. L’artista è per me chi crea un’opera d’arte e si assume delle responsabilità ben più grandi delle mie. Diciamo che svolgo il ruolo del braccio.

Per tornare alla domanda il mio strumento preferito è sempre stato e rimane tuttora la chitarra elettrica dalla quale mi sono parzialmente allontanato durante il periodo degli studi accademici. Di conseguenza anche gli stili musicali nei quali mi riconosco di più sono il Blues, il Rock, il Jazz… insomma tutto quel che è legato al mondo elettrico.

“Ti dedichi ad ore di prove regolarmente?”

Direi che le prove ci sono solo se c’è un lavoro da preparare e dati i tempi sono cosa sempre più rara. Continuo però a studiare per conto mio cercando di avere una certa regolarità anche se non è sempre possibile.

“C’è qualche episodio che ricordi con più piacere e che vorresti raccontarci?”

Ci sono episodi che nella mia vita musicale, e non solo, mi hanno lasciato dei ricordi indelebili e sono situazioni non necessariamente legate a momenti professionalmente importanti. La prima volta che ho toccato una chitarra elettrica. Era appesa in un negozio e io, senza farmi vedere, ho accarezzato le corde. Era ovviamente scollegata ma quel suono appena udibile mi ha aperto un mondo. Il mio primo concerto con i Lammings. Quando ho visto Freddy Mercury in concerto. Un solo di batteria di Billy Higgins. Quella volta in cui, privilegio assai raro per un chitarrista, ho suonato con un’orchestra sinfonica. Tieni conto che tu conosci la tua parte ma non hai la più pallida idea di quello che suoneranno gli altri. La mia postazione era vicino alla fila dei violini e, durante le prove, a metà del brano che si stava eseguendo è arrivato un passaggio tanto imprevisto quanto bellissimo e il trovarsi in quel suono è stato meraviglioso.

“Col passare degli anni come è cambiata la tua visione della musica?”

Quel che cambia, e credo dipenda dalla sempre maggior conoscenza tecnica della materia, è che diventa più difficile stupirsi. Per fortuna ogni tanto capita e tutto ritorna al proprio posto.

“Cosa diresti oggi ad un ragazzo che vuole dedicarsi a questa carriera?”

Tenendo conto che l’insegnamento occupa la gran parte della mia attività, mi sono trovato più volte ad affrontare l’argomento con gli allievi.

Certamente oggi è molto più difficile gestire economicamente l’attività di musicista principalmente perché in questo ambito girano sempre meno soldi.

É quindi ovvio che alla base della scelta sia necessaria una passione reale che abbinata ad una buona preparazione tecnica possa creare delle basi solide per rendere la musica una fonte di sostentamento.

E con questa intervista (anche se mi è più sembrata una dichiarazione d’amore per la musica…) si conclude la mia galleria di personaggi maschili. La prossima volta avrete una sorpresa!

Intanto approfondite la conoscenza con Stefano, cliccando sui seguenti link, ne vale la pena!

https://itunes.apple.com/it/album/resophonic-guitar-g.a.-brescianello/id882874377

http://www.noibrugherio.it/wp/2014/05/22/linsolita-accoppiata-tra-musiche-rinascimentali-e-chitarra-resofonica

PERSONAGGI DA SALA PROVE – Intervista a Joe dei Tyrant

È con grandissimo piacere che oggi vi propongo l’intervista con i TYRANT, una storica band milanese che dal 1984 infiamma i locali dove si esibisce. La formazione attuale (Sam-voce e armonica, Joe-chitarra, Steve-chitarra e voce, Fico-basso, Sandro-batteria) suona insieme dal 2000 con Steve che si è aggiunto nel 2007.

Il loro album di potentissimo southern metal “Blues, Booze & Nothin’ to Lose” è imperdibile.

Quante volte avranno provato i loro pezzi? Centinaia, migliaia? In 30 anni hanno accumulato ore e ore di prove, discussioni, tentativi, soddisfazioni. Dopo tutto questo tempo che effetto farà a questi musicisti di così lunga esperienza ritrovarsi in sala prove?

Chiediamolo a loro!

Per saperne di più ho incontrato Joe.

“Ciao, sono felicissima di poterti incontrare per questa intervista e ti ringrazio per la disponibilità. Iniziamo con la storia della vostra band. Quando, come e da chi è nata l’idea?”

I Tyrant nascono nel lontano 1984 per opera mia. Desideravo mettere a frutto la passione e la capacita’ dello strumento (chitarra) nel genere allora emergente, cioe’ l’heavy metal.

Trovato in Fico (basso) il partner base cercammo gli elementi per completarne la line up. Ci furono molti personaggi più o meno illustri del panorama underground che passarono nei Tyrant.

Cito qualche esempio: mio fratello Ivano (voce con i trentini Vantage, Hide Raw e Dinasty), Jena Roberto Sambusida (batterista con i Deathrage), Andrea Viti (batterista con noi e bassista con gli Afterhours).

L’unico rimasto nel tempo è stato Fico, io e lui insieme siamo come Paul Stanley e Gene Simmons!

Il nome Tyrant venne a me ascoltando all’epoca una compilation dei Judas Priest.

“La vostra musica è cambiata nel tempo o siete rimasti fedeli alle origini?”

Allora i Tyrant primordiali erano molto influenzati dal volgere delle novità degli anni ottanta, eravamo un miscuglio di Iron Maiden e Venom tendenti al thrash fino allo scioglimento alle soglie degli anni 90.

Poi alla reunion nell’anno 2000 la band sposò il connubio southern rock e classic metal che portiamo avanti tuttora, cioè lo abbiamo ridefinito ‘southern metal’, diciamo che la nostra musica è cambiata ma al contempo stesso è rimasta fedele…bello no?

“Chi scrive i pezzi?”

Tutti insieme appassionatamente! Ovvero di solito uno di noi porta un accenno di riff e poi ognuno lavora sulla sua parte.

La parte del leone però è comunque quella di Fico perché è l’arrangiatore ufficiale della band, passa tutto attraverso lui!

“Ora arriviamo all’argomento da cui è nato il mio articolo -La sala prove: luogo dove si avverano i sogni- Che interpretazione dai a questo titolo? Sei d’accordo?”

La sala prove, luogo dove si creano i sogni e dove si alimentano! Ecco, secondo me è questa la giusta definizione, si realizzano invece nell’esternare la propria creatività con cd e concerti live.

A proposito “death to tribute and cover band”, viva la fantasia e la creatività al potere!

“Vi ricordate ancora le vostre prime prove di questa formazione? Provare per voi è un divertimento?”

Mi ricordo sia le prime prove alle origini sia quelle della reunion. Allora la band iniziò a suonare in sala prove nel lontano 1984 sotto alla metro di Gambara a Milano, era un’unica sala prove di un gestore di un negozio di dischi.

La sala prove era 3 metri per 4, ma messa bene! Mi ricordo che facevamo un sacco di casino, una volta siamo stati dentro la sala in 20 persone (ospiti e musicisti) e dal vetro che guardava dentro la sala comparve il volto rosso di ira del titolare che era incazzato! Fu un miracolo che non ci cacciò dalla sala!

Successivamente provammo in numerose altre sale comunque, dal Free Sound di via Washington al Fox Studio di via Marco d’Agrate al Mantas Studio di via Savona. Incidemmo il primo demo al Gabriel Studio in zona piazza Dergano sempre e comunque a Milano.

Tra le più incredibili sale prova che abbiamo avuto modo di calcare ci furono negli anni ottanta queste due che reputo indimenticabili: il New Diam che era di fronte al parco di Trenno e una sala prove in via Caterina da Forlì, dove dovevi aprire le porte della sala a scarpate, non funzionava un cazzo e accedevi attraverso una lavanderia mentre le sciure stiravano tra caldi vapori e odore di trielina!!!!!

Oggi proviamo di solito al Moonhouse di via Pizzi, un’ottima sala prove.

Suonare in sala prove è divertimento ma non solo… è anche impegno a migliorare le prestazioni di una band e plasmare le proprie canzoni.

“Secondo voi una sala prove vale l’altra?”

Ti ho già risposto un po’ sopra, in effetti c’è differenza tra una sala e l’altra, la differenza si vede dal momento in cui capisci l’amore che il titolare mette nel curare la qualità e l’efficienza dello studio. Puoi suonare in una sala vicino a casa, ma se ti trovi meglio in una più lontana fai lo sforzo di frequentarla.

“Quante ore provate in media?”

Di solito in base agli impegni lavorativi e/o familiari sono 2 ore per 4 volte al mese, ma se ben fatte a noi bastano.

“Quanto litigate in media?”

Di solito l’esclusiva dell’incazzatura ce l’ha Fico che a turno ci investe di bestemmie quando manca la giusta concentrazione, ma di solito ci sentiamo felici di stare insieme visto che ci sono pochi momenti per vederci.

“Questa attività di musicisti quanto vi identifica nella vostra vita di tutti i giorni? Qual è la vostra identità? Siete persone, ognuno con il proprio lavoro, che per passione suonano insieme o musicisti che per vivere fanno anche un lavoro?”

Buona la prima: siamo persone ognuno con il proprio lavoro che musicano per passione… i tempi dei sogni che citi all’inizio dell’intervista ormai sono passati, ci sentiamo comunque po’ rockstar dell’underground milanese, via!

“Recentemente, settembre 2015, siete stati protagonisti della manifestazione Rock in park, a cui hanno partecipato molti artisti tra cui Glenn Hughes. Ogni gruppo aveva la sua data, ma sono curiosa di sapere com’è in queste occasioni l’interazione tra gli artisti.”

L’interazione tra musicisti in formato live… per quelli con cui noi dividiamo la serata di solito facciamo vigere il nostro motto che è tratto da una canzone di Ted Nugent e cioe ‘Good friends and a bottle of wine’.

Massima disponibilità’ e simpatia per condividere insieme il momento live, pensa che noi di solito facciamo sempre una foto ricordo con le bands con cui suoniamo nella data!

“Praticamente ogni gruppo rock ha scritto una canzone riguardo la nostalgia della famiglia e di casa per dedicarsi alle prove e ai concerti. Vivete anche voi questa situazione con i vostri familiari?”

No! Perché’ a casa siamo quasi sempre, semmai ci sarebbe da scrivere una canzone sull’assenza dalla sala prove o sulle poche date che facciamo!!!eh! eh! eh!

“Prossimi progetti?”

Suonare, suonare e ancora suonare!……un caloroso saluto a te e alle lettrici e i lettori del tuo blog! Ciao! Stay southern metal!

Un clic sui seguenti link e avrete accesso al mondo dei Tyrant e potrete acquistare il loro cd.

www.tyrantband.com

Facebook TYRANTBANDMILANO

 

PERSONAGGI DA SALA PROVE – Intervista ad Alessandro degli studi Moonhouse

Alessandro è “il tipo della sala prove”, il mago del mixer, l’inesauribile fornitore di cavi, jack e simili, ma anche un musicista. Potrebbe esistere un personaggio migliore per gestire una sala prove?

Davanti ai suoi occhi (e alle sue orecchie…) sono passati innumerevoli musicisti portando in sala prove le loro passioni, i loro sogni e confidando in lui per ottenere proprio quel sound che hanno in testa.

Sono impaziente di farmi una chiacchierata con lui per conoscere come è arrivato a svolgere questa attività e per farmi raccontare qualche aneddoto.

Ciao Alessandro grazie per aver accettato di partecipare a questa “galleria di personaggi”.

Iniziamo con un po’ di storia: da quanto tempo ti dedichi alla musica? Che strumento suoni?

Innanzitutto grazie per avermi coinvolto in questa tua bella iniziativa.

La musica fa parte della mia vita da quando avevo 8 anni, ho un fratello più grande che “mi ha iniziato“.
Il tutto incomincia alla fine degli anni 70, la musica era veramente viva, i giovani si identificavano in punk, metallari, mods, ska, paninari, dark, rockabilly e così via, mode, forse appartenenze a classi sociali diverse, comunque sia il denominatore era per tutti la musica, la loro musica.

In quegli anni mia nonna al compleanno mi regalò una chitarra, e tutto iniziò…

Quando hai capito che questa passione poteva diventare il tuo lavoro?

Era il 1995, io e Gianluca (il mio socio) ci conoscevamo e frequentavamo già da 15 anni, eravamo stati compagni alle medie, anche lui suona la chitarra e anche molto bene, e in quegli anni si decise di provare a conciliare una passione ed un lavoro.

In media quanti musicisti arrivano in sala prove settimanalmente?

Negli anni abbiamo sviluppato diverse iniziative legate alla musica: fra laboratorio di liuteria, sale prove e registrazione, spazio foto/video transitano circa 200/250 musicanti alla settimana.

Come si svolge una tua giornata?

Come ti dicevo il nostro spazio, che ben conosci, si divide in diverse attività ed essendo in pochi ad occuparci di tutto bisogna essere un po’ multitasking, quindi, tolta la sera dove si concentrano maggiormente i gruppi e il lavoro è in quella direzione, durante la giornata si fanno cose a 360 gradi.

Nel corso degli ultimi anni i talent show hanno avuto sempre più successo. Ma tra le band più giovani esiste ancora il gusto della gavetta della sala prove, con ore e ore di ripetizioni, senza avere l’obiettivo di partecipare a queste selezioni? E, se vuoi dircelo, cosa ne pensi di questi programmi?

Hai toccato il tasto dolente…la musica sta attraversando una crisi profondissima, il mondo è diventato molto virtuale. Pochi ragazzi, in percentuale, suonano uno strumento, i talent provano virtualmente a proiettare il sogno, ma la via che indicano è una strada chiusa.

La musica non dovrebbe essere un bene di consumo, o per lo meno chi ha fatto la storia della musica ha sempre tradotto la propria emozione, visione delle cose, rabbia e amore in canzoni. Il fatto che alcuni dischi abbiano venduto milioni di copie è solo la conseguenza di quanto tutto ciò sia stato fatto bene, e senza premeditazione.

Da molti anni chi si occupa di produrre musica ha a capo manager che applicano sistemi di produzione e di vendita che nulla hanno a che fare con l’arte e la creatività. I risultati parlano da soli: se togli gli artisti dai 45 anni in su, quelli in grado di riempire gli stadi nel mondo si contano sulle dita di una mano.

Del resto la musica è la colonna sonora del momento storico in cui si vive.

Qual è il genere principale che viene suonato nella tua sala prove?

Il rock l’ha sempre fatta da padrone, ma la maggior parte dei gruppi oggi fa cover un po’ di tutti i generi, anche se io cerco sempre di spingerli a fare inediti, a cantare la propria emozione…la sensazione che si ha quando una tua canzone gira a dovere mentre la suoni è unica.

Avete anche una sala di registrazione?

 Sì, nella struttura ci sono due studi di registrazione, a gestirli ci sono Danilo e Jacopo. Si fanno lavori che spaziano da semplici riprese in diretta a dischi fatti e finiti.

Qual è il gruppo che da più tempo frequenta la tua sala prove?

Direi che ci sono quattro, cinque gruppi veramente storici con i quali si è sviluppato un rapporto di amicizia in tutti questi anni per i quali venire a suonare da noi è diventato un rito e che comunque hanno mantenuto il loro desiderio intatto.

La frequentazione è più maschile o femminile?

La frequentazione è principalmente maschile. Tranne alcune eccezioni, il ruolo femminile nelle band è quasi esclusivamente da cantante e di conseguenza il resto dei musicisti è di sesso maschile.

Come mai secondo te?

Non saprei esprimere un giudizio in merito. Come ti dicevo, da noi provano band e le donne che si cimentano a suonare uno strumento sono poche.

Sei felice del tuo lavoro? Cambieresti qualcosa se potessi?

Sicuramente avere la passione per la musica ed occuparsene come lavoro è un privilegio, anche se, non potendo prescindere dalle logiche del denaro, il tutto perde spesso di poesia e si deve far fronte a tutte le problematiche di un’attività commerciale come le altre.

Hai qualche episodio particolare o momento memorabile da raccontarci?

Ma di cose particolari in tutti questi anni ne ho viste parecchie! Ad esempio mi ricordo di Joe, un batterista di circa cinquant’anni che veniva da solo a provare al pomeriggio ed era alla disperata ed eterna ricerca di elementi per portare a termine il suo progetto musicale. Un giorno mi telefonò per prenotare una sala perché doveva fissare delle prove per i Gipsy Kings e si presentò all’ingresso con i Gipsy Kings veri!!!

Grazie Alessandro, per il tuo tempo e per la bella intervista!

Grazie a te, anche per la pazienza, sai bene che i musicisti sono sempre un po’ scriteriati…

La sala prove di Alessandro è la storica MOONHOUSE di via Pizzi 29 a Milano (www.moonhouse.it) e quest’anno si festeggerà i vent’anni di attività.

Recensione di “Back in the metal days”


Può’ un breve romanzo, una storia, insinuarsi nella vita di una persona e farle riscoprire passioni, ricordi, sensazioni?

È quello che è successo a me con “Back in the metal days” di Isa Brutal.

A dir la verità qualcosa mi era successo ancor prima di leggere il libro. Era un pomeriggio d’ottobre di 2 anni fa e, scorrendo i vari post su Facebook, avevo letto che il libro sarebbe stato presentato dall’autrice presso la libreria dove lavorava un amico.

Il sottotitolo “Storia di una chitarrista heavy metal italiana nell’Europa degli anni ‘80” mi aveva fatto balzare dalla sedia. Avevo letto bene? UNA chitarrista italiana heavy metal? Non potevo mancare. Pur avendo qualche anno in più di Isa, avevo vissuto anch’io con passione, chiodo e capelli lunghissimi gli anni ’80 di una Milano che faticava a proporre concerti del genere e forse per questo ognuno di essi restava indimenticabile.

Invece la sera della presentazione mi ritrovavo a letto sotto forma di straccio con la febbre.

Nonostante questo, una copia, addirittura autografata dall’autrice, aveva trovato il modo di venire da me.

La prima volta ho letto il romanzo in mezza giornata, in fretta e furia, alla ricerca di nomi, luoghi, concerti in cui ritrovarmi e forse il significato che Isa aveva voluto dare alla storia mi era un po’ sfuggito, complice forse il fatto che lei stessa non l’aveva scritta come autobiografia.

Dopo la prima ubriacatura di ricordi, avevo avuto l’occasione di assistere ad una nuova presentazione e l’avevo riletto con più calma, iniziando a vedere ciò che questo libro era in realtà, ovvero la storia di un viaggio.

Da sempre nella letteratura i viaggi simboleggiano un percorso di evoluzione e il percorso della protagonista di questo piccolo, potente libro non è da meno.

Leggere questo libro è un po’ come prendere in mano le carte dei Tarocchi. Qualsiasi carta si peschi è un aspetto della vita.

Aprendo a caso le pagine di “Back in the metal days” si può avere la stessa sensazione. Le esperienze dei personaggi descritti spaziano dalla passione per la musica, alle amicizie, all’amore, ma anche alla droga, all’aborto, all’abuso. Il tutto viene trattato dall’autrice in modo diretto, ma mai inutilmente crudo.

Quasi sempre si valuta una storia per lo stile e la ricchezza della trama che, a volte, rendono certi libri dei successi annunciati. Troppo spesso però si tratta anche di romanzi che a mio avviso risultano stucchevoli o senz’anima.

Il linguaggio di Isa invece è schietto, come se si trattasse di una chiacchierata tra ragazzi e, se chi lo legge ha vissuto i luoghi, le situazioni, le atmosfere descritte, può arrivare a sentirsi uno dei personaggi della storia che “viaggia” insieme alla protagonista.

Nel libro si parla anche di viaggi veri, ma, come dicevo, ciò che va letto tra le righe di questa storia, genuina e senza fronzoli, è il percorso e l’evoluzione della protagonista.

Sembra che nulla possa fermare la timida ragazzina delle prime pagine.

L’insofferenza per la mediocrità e il grigiore di Milano nei mesi più lunghi, quelli della scuola, l’autunno, l’inverno, il non volersi adeguare al branco, la forza della scoperta delle sonorità del metal innescano una miccia che non si spegne più.

Le vacanze non sono più semplicemente l’assenza del tran-tran quotidiano, ma l’occasione per vivere davvero e da cui si fa sempre più fatica a tornare indietro.

Ecco perché, la protagonista, pur con le sue insicurezze ed ancora non fiduciosa al 100% delle proprie capacità, fa il salto, rispondendo ad un’inserzione in cui si cerca una chitarrista.

Non voglio scendere in ulteriori dettagli, perché il libro va letto.

Penso comunque che sia un’ottima cosa che Isa abbia voluto scrivere il suo romanzo, in un ambiente dove c’è sempre la tendenza a celebrare ed idolatrare solo i grandi artisti stranieri.

Spero che il paragone non la infastidisca, ma credo che, se della storia delle Runaways è stato fatto un film, l’esperienza della “nostra” Isa non sarebbe da meno!

Buona lettura!

Alla fine tutto si può riassumere in un unico, prezioso consiglio…

Qualche tempo fa, ispirata dalle classiche liste di consigli per i buoni propositi d’inizio anno che si sentono e trovano un po’ dappertutto, mi ero soffermata anch’io a pensare ad una lista semi-seria di suggerimenti.

Ricordate?

https://stillrocking.wordpress.com/2016/01/03/i-buoni-consigli/

https://stillrocking.wordpress.com/2016/01/09/insonnia-e-creativita/

Non rinnego le perle di saggezza che vi ho somministrato, ma penso che in realtà non siano abbastanza d’ispirazione per chi le legge.

Proprio stamattina mi è capitata sotto gli occhi una frase di Mark Twain che, pur conoscendo, mi ha colpito come se l’avessi letta per la prima volta. Dice più o meno così:

“Tra 20 anni sarete più delusi da ciò che non avete fatto rispetto a ciò che avete fatto. Prendete il largo, lasciate il porto sicuro, approfittate del vento. Esplorate. Sognate. Scoprite.”

E’ un dato di fatto che ogni epoca ha i suoi sognatori, inventori, visionari. Proprio in base all’epoca in cui sono vissuti hanno subito trattamenti di ogni genere, dalla tortura, alla derisione, al timore reverenziale, alla soppressione. Tutti però avevano in comune la capacità di non fermarsi all’apparenza, di osare, di sognare.

Quando Steve Jobs pronunciò le famose parole “Stay hungry, stay foolish!” riuscì in una brevissima frase a riassumere l’unica filosofia di vita che secondo me ha un senso.

La fame di vita accompagnata da una certa dose di incoscienza non è follia, ma è il motore che dovrebbe spingerci ad apprezzare questo viaggio, godendo di tutte le opportunità possibili, indipendentemente da chi siamo, dove viviamo, quanti soldi abbiamo e ciò che vale per uno può essere totalmente indifferente per un altro.

Giusto per non parlare di teoria e basta, ecco la mia lista di ciò che ho “esplorato” negli ultimi anni e che ha arricchito la mia vita:

  • creare un mio blog
  • cantare in un gruppo
  • praticare il Tai-chi
  • praticare il Krav-maga
  • scoprire le risorse online gratuite riguardo la meditazione, approfondimenti di tecniche energetiche, corsi motivazionali
  • pubblicare un giornalino di satira domestica
  • trovare, grazie a varie risorse, il modo di occuparmi in totale autonomia della mia famiglia e della mia casa
  • liberarmi da “condizionamenti contrari” (poi vi spiego) ed apprezzare anche attività che fino a qualche anno fa vivevo come un obbligo
  • non spaventarmi davanti ai guasti della lavatrice e della lavastoviglie – sì avete capito bene: fin dove possibile intervengo da sola, cacciavite e pinza in mano
  • imparare a dire NO
  • imparare a lasciar andare amicizie che si stanno spegnendo
  • far spazio a nuove persone, nuove idee, nuovi stimoli

Tutto questo non mi sta facendo diventare più ricca (non ancora almeno…), meno stanca o perfetta, ma di sicuro desiderosa ogni mattina di vedere cosa mi aspetta.

E la cosa fantastica è che, più percorro questa strada, più vedo dietro di me una scia di condizionamenti, pensieri imposti, inutili remore che mi lascio alle spalle.

Anche i “condizionamenti contrari” a cui accennavo prima sono tremendi. Sono quelli per cui scartiamo a priori certe esperienze, perché le abbiamo contestate ed escluse dalla nostra vita.

Prendiamo per esempio il fatto di cucinare. Sapete già cosa ne penso a riguardo:

https://stillrocking.wordpress.com/2016/01/27/gli-sfizietti-di-nonna-giuseppina-ovvero-cosa-penso-dei-siti-di-ricette/

In realtà, quando mi metto in cucina e provo (“esploro”) qualche nuova ricetta, mi piace! Così come mi piace quando la riuscita di uno dei miei piatti forti viene confermata per l’ennesima volta.

Fino a qualche tempo fa io odiavo cucinare, perché fin da ragazzina avevo persone intorno che secondo me davano troppo valore a questa capacità. E io pensavo “Col cavolo che mi vedrete mai affaticarmi intorno ai fornelli in questo modo!”.

La vita poi mi ha portato ad un certo punto a dover cucinare 2 volte al giorno, pranzo e cena, tutti i sacrosanti giorni. Per me era un incubo.

Un giorno però, un po’ per gioco, ho provato qualche ricetta di dolci e mi sono divertita. Da lì è scattata la voglia di sperimentare e ad un certo punto mi sono resa conto che tutto sommato cucinare non mi pesava più e non riuscivo a credere che per tutta la mia vita era stato così faticoso.

Faticoso in realtà non era cucinare, ma restare aggrappata ad un’idea che non mi apparteneva più.

Spero, con questo nuovo articolo, di essere riuscita a farvi sorridere, ma anche a farvi percepire l’intensità con cui vivo ogni giorno l’esperienza della vita. Questo non mi preserva da vivere momenti bui, ma mi dà la consapevolezza della grande luce di cui possiamo godere ogni giorno.

Buon fine settimana!

 

Donne in musica parte 1 – Il diavolo… Intervista con Isa Brutal

La musica: passione, compagnia, specchio delle nostre emozioni ed esperienze…

Per due donne che conosco e che ho avuto la fortuna di intervistare è anche una parte importante della loro vita a tutti gli effetti.

Amo diversi generi musicali, ma la mia preferenza in assoluto va al rock ed alla musica classica.
Secondo me la musica che amiamo e che ascoltiamo, specialmente nel periodo dai 12 ai 20 anni, ha un forte impatto nella nostra crescita e formazione.

Ricordo ancora la sensazione che un determinato brano suonasse e parlasse proprio per me.
Ricordo ancora la soddisfazione di riuscire a suonare un pezzo che mi piaceva.
Ricordo ancora il senso di “casa” quando mio padre ascoltava Beethoven e Mozart.
Ricordo ancora l’emozione dei primi concerti al Palalido e al Teatro Tenda di Milano.
Ricordo ancora la noia mortale dei concerti classici da bambina…diciamo che in questo caso ho imparato ad apprezzarli un po’ più da adulta!

Amo la musica ed è per questo che ho voluto fare queste due interviste.

E’ quindi con grandissimo piacere che pubblico questa intervista con Isa Brutal, protagonista della scena musicale metal italiana ed europea degli anni ’80.
Il suo libro “Back in the metal days” è diventato in breve tempo un fenomeno letterario di nicchia.
Tante ragazze (anch’io!!!!) si sono ritrovate nelle atmosfere, nei sogni, nei luoghi, nei personaggi descritti. Non è un tuffo nostalgico nel passato, ma un diario, anche se romanzato, di un viaggio che sicuramente ha segnato la vita della protagonista.

“Isa, recentemente hai pubblicato un libro che, ispirandosi alla tua esperienza, racconta la storia di una ragazza che, dall’essere semplice appassionata di musica, si ritrova a girare l’Europa con una band tra le più famose di quegli anni. In che modo pensi che questa esperienza abbia influito sul tuo modo di essere oggi?”

Se si parla solo dell’esperienza raccontata nel libro direi relativamente poco. Il mio modo di essere oggi è il risultato di tutte le mie esperienze di vita passate. Ho vissuto parecchi anni all’estero anche dopo il periodo raccontato nel libro. Ho avuto modo di confrontarmi con tanta gente e con tanti tipi di mentalità differenti dagli stereotipi a cui siamo abituati in Italia, un paese ancora oggi indietro mentalmente di 50 anni dal resto dell’Europa.

“Quali sono stati i vantaggi e gli svantaggi di essere una donna in quel contesto?”

Non si tratta di essere donna o uomo, in entrambi i casi ci sono vantaggi e svantaggi, in qualsiasi contesto. E’ vero che il metal è una scena musicale dove prevalgono gli uomini, ma musicalmente mi sono trovata bene a suonare con entrambi i sessi, è più una questione di carattere e di compatibilità che di sesso.

“Suoni ancora?”

Diciamo che è un paio d’anni che sono ferma, ho perso un po’ l’entusiasmo. A me piace molto suonare e comporre in una band, dopo lo scioglimento dei Self Disgrace ho avuto difficoltà a trovare gente con cui volessi ancora suonare e ho abbandonato. Non è detto comunque che non torni a strimpellare prima o poi, se l’occasione giusta si ripresenti.

“Credi nella parità dei sessi?”

Direi di no. C’è un libro che dice ‘gli uomini vengono da marte le donne da venere’ ed è proprio vero. Le femministe vogliono assolutamente dimostrare che possono fare tutto quello che fanno gli uomini e non riuscendoci diventano frustrate, sarebbe meglio che si concentrassero su quello che veramente sanno fare bene e meglio degli uomini. Con questo non voglio dire che le donne non siano in grado di suonare uno strumento, di guidare la macchina, di cambiare una presa, ecc… ci sono anche molti uomini che non sono capaci, però fisicamente siamo differenti, gli uomini non possono partorire e le donne non hanno la forza fisica di un uomo, anche emotivamente siamo molto differenti, le donne sono più sensibili riguardo certi argomenti mentre agli uomini di tante paranoie non frega niente.

“Cosa ne pensi di alcune bands femminili in circolazione che puntano più sul mettersi in mostra che suonare?”

Ci sono sempre state band femminili del genere perché ci sono sempre stati in circolazione i morti di figa. E’ tutto un commercio, se c’è la richiesta ecco che spuntano queste band imbarazzanti di donne che non avendo musicalmente né arte né parte puntano su questo tipo di audience.

“Nella scena musicale attuale, che sembra trovare nuove star solo nei talent show, che consigli daresti alle ragazze che desiderano dedicarsi alla musica senza dover percorrere questa strada?”

Dipende. Io ho iniziato a suonare per divertimento e per passione, non avevo nessun tipo di ambizione e non volevo arrivare al successo a tutti i costi, per questo non ho mai accettato proposte da parte di band e di situazioni che non mi piacevano. Se invece queste ragazze mirassero ad una carriera musicale nel metal, consiglierei loro di fare altro, non ci sono soldi nel metal, a meno che non si dedichino ai tributi femminili, cadendo nella categorie di donne che suonano per i morti di figa menzionati sopra.

“Come ti vedi nel futuro?”

Ho fiducia nel futuro, la vita mi ha dato tanto anche se come per tutti ci sono stati degli alti e dei bassi. Quindi mi vedo bene. Spero prima di tutto nella mia salute e in quella dei miei cari, il resto è gestibile. Musicalmente non penso ci saranno grandi cambiamenti imminenti nella mia vita ma non si sa mai, come ho detto se si presentasse la giusta occasione potrei ritornare a suonare. Meglio sempre lasciare aperte tutte le porte e mai dire mai.

“Puoi consigliare alcuni brani tra i tuoi preferiti?”

Slayer – Seasons In The Abyss, Carcass – Buried Dreams, Queensryche – Jet City Woman, Sepultura CHAOS A.D., Kreator – Extreme Aggression. Sono state importanti colonne sonore della mia vita ai tempi delle loro pubblicazioni.

“Ringrazio Isa per il tempo dedicato a questo incontro. Dove possiamo rivolgerci per acquistare il tuo libro?”

Grazie a te. Chi fosse interessato al mio libro può contattarmi sulla mia pagina Facebook, posso inviarlo per posta o consegnarlo personalmente a Milano, Brescia e Bergamo o nei limitrofi.

http://www.facebook.com/metaldays